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I Rioni
email: info@ilpaliodisanvito.it
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SIMBOLI
I Rioni della città, hanno subito modifiche durante gli anni, quelli individuati per il Palio sono gli attuali quartieri esistenti e individuati dal Consiglio Comunale con la determinazione dei Comitati di Quartiere. Alcuni fra loro racchiudono diversi quartieri identificati dalla cittadinanza nel tempo come asd esempio “la chiantata” oggi nel Rione San Domenico, altri sono nati negli ultimi tempi con la rideterminazione del piano urbanistico della città come il Rione San Vincenzo, nato con la realizzazione della zona 167.
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In riferimento al regolamento comunale che ha introdotto i comitati di quartiere, il Rione di San Vincenzo comprende tutta la zona 167 ed essendo una zona nuova torna semplice capire che per la realizzazione del logo ci siamo affidati alla iconografia di San Vincenzo Ferreri.
Il logo è raffigurato da uno scudo ornato con decori laterali contenente nella parte alta il simbolo della fiamma. La fiammella, oltre ad indicare lo spirito Santo che lo illuminava, ricorda il miracolo dele lingue. Vincenzo, infatti, fu un fervente predicatore, si racconta che nonostante lui parlasse in spagnolo tutti riuscivano a comprenderlo benissimo (come appunto gli Apostoli nel giorno della Pentecoste).
Nella parte centrale sono raffigurati un paio d’ali, a memoria sempre delle prediche infervorate di Vicenzo, che lo facevano sembrare quasi l’Angelo dell’Apocalisse, e la sua immensa bontà, come di un Serafino. Mentre la tromba, alcune volte raffigurata nelle mani del Santo, altre volte suonata da un angelo, è lo strumento usato a simboleggiare l’amplificazione del messaggio del cartiglio-motto del Santo, l’annunzio imminente dell'Apocalisse “Timete Deum et date illi honorem quia venit hora judicius eius...Temete Dio e dategli gloria, poiché è giunta l'ora del suo giudizio", Ap. 14, 7)
Infine nella parte inferiore è riportata una chiave, a simboleggiare il riconoscimento voluto dalla città di San Vito al Santo in qualità di compatrono.
I colori adottati dal rione sono il bianco e il nero in ricordo dell'abito domenicano, segno della sua appartenenza ai figli di San Domenico e il giallo, colore usato per la tromba e per la chiave.
Il simbolo del Rione dell’Immacolata, racchiuso in uno scudo sagomato di colore bianco e ornato di blu scuro, è l’unico a riportare al proprio interno il nome del proprio rione, infatti nella parte alta compaiono su tre righe differenti e di diversa misura le seguenti scritte: “A.D. 2023” di colore blu, a memoria dell’anno di creazione, di colore verde la scritta “Rione” ed infine ancora con dimensioni superiori e di colore nuovamente blu, la scritta “IMMACOLATA” che copre il disegno sfumato, quasi a scomparire, del campanile della stessa chiesa dell’Immacolata Concezione nota anche come Chiesa di Santa Maria delle Grazie o Chiesa del Convento per via del confinante convento dei Frati Minori Francescani. Nella parte centrale compare un gallo con due tonalità differenti di blu e due di celeste, i colori scelti per la particolare devozione degli abitanti a Maria Immacolata. Il gallo invece è il simbolo di quello che era il rione “lu iaddu”nome con cui si indicava l’ antica masseria del gallo, ovvero Masseria Foggella. La sua edificazione risale presumibilmente all’epoca Normanna sotto il domino di Ruggero II di Altavilla, Duca di Puglia. I racconti tramandati narrano di una masseria con 60 ettari di estensione, gestita da monaci. Nel corso del ‘800 la proprietà della masseria e dei terreni, passò a Matteo Galasso, proprietario terriero molto noto nella zona e nel 1873 venne acquistata da Salvatore Casimiro Leo, avo dell’attuale titolare. Infine nella parte inferiore dello scudo, si incrociano due ramoscelli di ulivo a simboleggiare la ricca presenza di alberi di ulivo presenti nel rione.
I colori prescelti in omaggio a Maria Immacolata, sono il blu, l’azzurro è il celeste e sono raffigurati nello sfondo in due triangoli ed in un esagono
Il Rione di San Domenico, nella ripartizione del regolamento comunale con il quale si istituiscono i comitati di quartieri, risulta inferiore per estensione rispetto alla territorialità della stessa parrocchia. Il logo del rione di San Domenico è pieno di particolari, raffigurato in uno scudo svizzero, si presenta nello sfondo di colore blu notte, interrotto nella parte centrale da una fascia obliqua di colore bianca, scelto a memoria del crollo che colpì la chiesa di San Domenico nella notte antecedente il 2 aprile 1984. In alto a ridosso delle due parti sagomate dello scudo, si nota la stella di San Domenico di colore arancio posta sopra un piccolo scudo dell’ordine dei Domenicani di colore nero e bianco. All’interno della fascia bianca, in maniera equidistante, compaiono tre piccoli rombi due, quelli esterni, di colore giallo ocra, ed uno, quello centrale, di colore celeste. All’interno del primo rombo situato in basso a sinistra è riportato, in maniera sovrapposta, un rigoglioso albero verde in memoria della quella che era storicamente la zona della “Chiantata”. Nel rombo centrale compare una spada alata, in memoria della Chiesa di San Michele Arcangelo posta a pochi metri dalla stessa Chiesa di San Domenico. Infine l’ultimo rombo, riporta al proprio interno, un fascio di quattro spighe di grano a memoria dei granai e dei forni che erano presenti nella zona.
I colori prescelti per il Rione, indicati nello sfondo a fasce oblique, sono
Il simbolo del Rione di Santa Maria della Mercede, racchiuso in uno scudo di forma francese antica, è suddiviso in quattro parti. Nella parte alta sinistra sfondo celeste è raffigurato nei suoi particolari, orologio, guglie e campane, il campanile della Chiesa di Santa Maria della Mercede, o anche nota ai Sanvitesi come la Chiesa di San Francesco, nella parte opposta, in basso a destra, sullo stesso sfondo è rappresentato in forma stilizzata, il logo del Castello d’Alceste, i due punti più rappresentativi del Rione. Nei due quarti mancanti è riportato, divisa verticalmente e in perfetta egual misura, la parte inferiore del simbolo dell’ordine dei Mercedari, raffigurante lo scudo del regno d’Aragona, quattro sbarre rosse in campo oro, concesso da Giacomo I d’Aragona, cofondatore assieme a Pietro Nolasco nel 1218, dell’ordine con lo scopo di liberare i prigionieri cristiani fatti schiavi dai saraceni.
I colori adottati dal rione sono raffigurati nello sfondo del simbolo, colore azzurro, simbolo di spiritualità, universalità e pacatezza e da una fascia obliqua bianca, colore dell’ordine dei Mercedari.
Il simbolo del Rione Santa Maria della Vittoria, ricadente nella zona del centro storico, è di chiaro riferimento alle origini della città. Rinchiuso in uno scudo sagomato, si può notare nella parte superiore la raffigurazione della corona di Boemondo d’Altavilla, o Boemondo il Normanno. Controversa quanto mai la storia della nascita di San Vito dei Normanni, molti studiosi attribuiscono proprio a “Boemondo il Normanno” l’origine della stessa che, per assecondare il suo amore per la caccia, ordinò la costruzione della torre quadrata, ancora oggi esistente e raffigurata nella parte inferiore del simbolo sovrastata da una croce rossa, di chiaro riferimento ai cavalieri templari. La croce non solo è legata alla stessa storia di Boemondo, che alla testa del suo contingente partì alla volta della “Terra Santa” durante la prima crociata rendendosi protagonista della liberazione di Antiochia e acquisendone dopo un lungo contendere, il titolo di Principe d’Antochia, ma viene riportata anche per un particolare legame tra la città e la sua storia di fede. In particolar modo la stessa croce, la data riportata sotto ad essa, “A.D. 1571”, e la frase che compare nel centro sullo sfondo rosso, “caelitus vittoria” sono chiari riferimenti ad uno dei momenti storici fondamentali per la Città di San Vito, la battaglia di Lepanto contro l’impero ottomano. I Sanvitesi, al ritorno in patria, in onore della vittoria conquistata contribuirono in modo determinante alla costruzione della chiesa Matrice per dedicarla alla Madonna della Vittoria.
I colori di riferimenti del Rione Santa Maria della Vittoria, sono il rosso e bianco rappresentati nello sfondo a strisce orizzontali
Il Simbolo del Rione di Santa Rita, nome assegnato per la presenza della Chiesa dedicata alla Santa di Cascia, opera realizzata dell'impegno della devota Nunziatina Basanisi che, in seguito all'apparizione in sogno della Santa, si prodigò per la realizzazione della chiesa, con la prima pietra posta il 22 maggio 1954, giorno dell'anniversario della morte di Santa Rita, appare in maniera semplice, racchiuso in un scudo francese di colore verde e mantellato in punta, dove dipartono due linee convesse che scendono agli angoli della parte inferiore colorata di bianco. Nella parte superiore compare la scritta bianca e contornata di verde scuro, “A.D. 2023” anno della creazione del simbolo. Su entrambi i lati compaiono delle forme concave di colore bianco, raffiguranti in modo semplificato due spine di rivolte verso il basso, a memoria della vita della stessa Santa, della quale si riporta alla memoria anche con la rosa, di colore rosso, raffigurata nella parte inferiore del simbolo. La spina è parte integrante della storia di Santa Rita, si dice infatti che nel 1432 la stessa, raccolta in preghiera di fronte a Gesù crocifisso, chiese di essere partecipe, almento in parte, delle sofferenze patite durante la crocifissione.
Santa Rita fu allora ferita sulla fronte da una delle stigmate della corona di Cristo, che portò negli ultimi 15 anni della sua vita con l’eccezione del viaggio a Roma per la canonizzazione di San Nicola, periodo in cui la spina scomparve per poi riapparire al ritorno a Cascia.
In pieno inverno, con la neve, dopo che ne aveva fatta richiesta ad una cugina venutala a trovare, una rosa sbocciò nel suo orto. Da quel momento la rosa divenne il simbolo ritiano per eccellenza: un’esile ed umile donna riuscita a fiorire nonostante le spine che la vita le aveva riservato, donando il buon profumo di Cristo e sciogliendo il gelido inverno dei cuori. Si dice che ogni volta che Rita intercede per un miracolo, il suo corpo, conservato all’interno della Basilica di Santa Rita da Cascia, emani profumo di rosa; al centro del simbolo infine compaiono di colore bianco e contornate di verde scuro, stesso colore utilizzato per contornare lo scudo in ogni sua parte, due foglie incrociate di tabacco scelte per ricordare la collocazione dell’azienda sorta nel 1924 per volontà dei Principi Gerardo e Pietro Dentice, in piena area, oggi identificabile tra via Fra’ Giacomo e Piazza Pertini, che vedeva un magazzino idoneo alla conservazione e la fermentazione dei tabacchi levantini, con un piano superiore adibito a sala di lavorazione. La coltivazione del tabacco si sviluppava su una superficie di 388 ettari e la produzione raggiungeva i 2500 quintali annui. Il “tabacco”, intesa come azienda, a memoria dei Sanvitesi, resta una delle aziende storicamente che ha avuto un importante impatto sullo sviluppo del paese, agli inizi degli anni ‘30 vedeva un impiego di circa 600 unità. Il comitato di quartiere ha prescelto come colore, il verde in due tonalità, simbolo di speranza e dei richiami al bianco a rappresentare la purezza.